sabato 22 marzo 2014

OSTIA: IL SISTEMA DELLO STATO E DELLA MAFIA

Prestipino Giarritta (sx), Pignatone (dx)
Ad Ostia più nessuno parla di Mafia: è giunta la normalizzazione politica e mediatica. Tutto risolto? No.
Lo ha affermato il Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Michele Prestipino Giarritta. L'occasione era l'audizione del Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, Giuseppe Pignatone, sui temi della criminalità organizzata mafiosa a Roma e nel basso Lazio, in sede della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie presieduta da Rosy Bindi, seduta n.17 di mercoledì 12 febbraio.

Michele Prestipino Giarritta, ha così riferito: "Non c’è mafia vera, che sia cosa nostra, che sia ’ndrangheta, che sia camorra, la quale nel corso del tempo non abbia avuto rapporti con la politica, con la pubblica amministrazione e con gli apparati. Questa non è una variabile. È un elemento strutturale di come l'organizzazione è presente, esiste e opera. Se noi vogliamo ricostruire questa rete relazionale, che è importantissima, perché senza la ricostruzione di questa rete poi l'azione di contrasto è un'azione – per carità – meritoria, ma certamente spuntata e non efficace come potrebbe essere, l'unico metodo verificato è quello di partire dal cuore dell'organizzazione, cioè dalle condotte degli associati, degli affiliati mafiosi, e del loro sistema di rapporti, per estendere le indagini da quel cuore verso l'esterno e dal basso, procedendo dal livello dell'organizzazione ai livelli più alti. Si va, quindi, dal basso verso l'alto e dall'interno verso l'esterno... Perché dico questo? Perché anche a Ostia, proprio perché è il nostro approccio – parliamo di mafia – dobbiamo seguire questo metodo. Questo metodo è, nella nostra convinzione, l'unico che paga, ma richiede un po’ di tempo. Le prime misure cautelari sono state eseguite a luglio del 2013. Siamo ancora a febbraio del 2014. Ci vuole un po’ di pazienza e di tempo, perché stiamo ricostruendo. Il fatto che abbiamo già esercitato l'azione penale nei confronti dei soggetti arrestati a luglio non significa che non ci siano indagini in corso, sulle quali ovviamente è necessario mantenere il dovuto riserbo".

Cosa altro aggiungere? Come non valutare, sulla base di queste affermazioni, alcuni segnali che giungono dal territorio di Ostia?

Tutti riconoscono la presenza dello Stato e della Mafia come la differenza tra poteri leciti ed illeciti. Tutti si dichiarano appartenenti allo Stato, contro la Mafia. Tutti dichiarano di non avere parenti, amici, conoscenti appartenenti alla Mafia. Tutti pensano che la Mafia (letta anche come cosa nostra, 'ndrangheta, camorra, sacra corona unita) è fenomeno locale, delle regioni del Sud.

Pochi riconoscono che Stato e Mafia costituiscono un Sistema perché operano sullo stesso territorio.

Ad Ostia si è riconosciuta, per la prima volta a Roma, la contaminazione mafiosa a luglio 2013. Roba vecchia emersa dopo 10 anni che comunque ha portato a degli arresti e a un processo per 416-bis ancora in corso, dove però mancano (come indagati) politici e imprenditori. Sotto accusa solo esponenti della criminalità organizzata.

Il caso di Ostia e del 416-bis. Un esempio eclatante: l’imprenditore, Mauro Balini, proprietario 'de facto' del Porto di Ostia da 13 anni, mantiene la famiglia di uno dei due componenti del gruppo di fuoco che gambizzò Vito Triassi, luogotenente dei Cuntrera sul litorale romano. Un politico, Andrea Tassone (PD), attuale presidente del Municipio X (quello di Ostia), dichiara pubblicamente che Mauro Balini è "un suo carissimo amico". Nessuno eccepisce nulla, nemmeno sul piano della opportunità.

La risposta delle istituzioni finora è stata una sola: Mauro Balini è vittima della criminalità organizzata, Andrea Tassone, come politico, difende la ‘buona’ imprenditoria del territorio, il tutto condito da una schizofrenia di certa stampa dell’anti-mafia ‘à la carte’.

Noi aspettiamo la conclusione delle indagini per scoprire quale associazione di tipo mafioso esiste ad Ostia, visto che è tale quando coloro che ne fanno parte si avvalgono "della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali".

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